EX CONVENTO DELLA CHIESA DI SAN FRANCESCO - LA PROPOSTA DEL CIRCOLO PER LA SUA FRUIZIONE

EX CONVENTO CHIESA DI SAN FRANCESCO - PROPOSTA DI RECUPERO E FRUIZIONE

Il convento di San Francesco alle Scale costituisce uno dei monumenti più pregevoli della città di Ancona nonché uno dei suoi complessi architettonici più estesi ed imponenti.

Chiuso dai tempi della Seconda Guerra Mondiale, costituisce oggi l’ultima vasta ferita bellica sul volto del Capoluogo, nonché uno degli impedimenti ad un pieno e compiuto recupero del centro storico.

Numerose sono state, specialmente in anni recenti, le proposte per la ricostruzione di questo amplissimo compendio, naufragate tuttavia a causa dei costi alti che avrebbero comportato.

Proprio sulla base di tale contingente constatazione, il Pungitopo ha presentato al Comune nel giugno 2022 una proposta che sia realizzabile in quanto economicamente sostenibile

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Brevi cenni storici.L’ex convento , consolidatosi nel Rinascimento e più volte modificato ed abbellito fino al 1700, conobbe la secolarizzazione a partire dal periodo napoleonico e ospitava, fino alla II guerra mondiale, la cittadella culturale del Capoluogo, vedendo collocati al proprio interno il Museo Archeologico, la Pinacoteca e la Biblioteca.

I bombardamenti aereo alleati del 1943 e 1944 posero fine a tale realtà, mutilando il complesso, che non fu recuperato: le istituzioni ivi ospitate furono dislocate ed i manufatti, danneggiati, furono abbandonati e conobbero un degrado, protratto ancor oggi da quasi ottanta anni, accelerato significativamente dalla sequenza sismica del 1972.

Nel corso degli ultimi decenni sono stati elaborati diversi progetti di recupero finora mai attuati

     Stato di fatto.

Le rovine del Convento appaiono tutt’ora maestose ed eleganti, nonostante gli oltre tre quarti di secolo vissuti nella totale incuria, e l’area, solo parzialmente ridotta rispetto all’originale a seguito dell’occupazione di una porzione di sedime da parte dell’edificio della scuola Tommaseo, copre ancora una superficie notevole del centro storico.

Il complesso non è però ad oggi affatto rilevabile da parte della cittadinanza, oltreché per l’oblio alimentato da decenni di abbandono, anche a causa della sistemazione urbanistica e della morfologia dell’area, che lo vedono attualmente confinato dentro uno spazio di circa 2.000 m2, chiuso da quattro cortine impenetrabili (sia fisicamente, che alla vista), costituite rispettivamente: dalle citate scuole; dalla sala capitolare del convento medesimo; dalla chiesa; dall’alto muro di contenimento creato con l’allargamento postbellico di via Orsini. Le strutture ex conventuali prospicienti le vie pubbliche risultano peraltro ormai pressoché illeggibili e completamente decontestualizzate.

La consistenza dei ruderi consta sostanzialmente del poderoso corpo centrale dell’ex convento, che separava i due ambienti claustrali, e della sala capitolare, a questo collegata da un ulteriore corpo, oggi visibilmente ribassato e protetto da un solaio orizzontale. Si annoverano infine: due segmenti di colonnato relativi al chiostro nord, di cui uno ancora incluso in una cortina muraria finestrata; parte del lato orientale del chiostro sud, mutilato dalla costruzione del citato edificio scolastico contemporaneo; l’originario portale di accesso, oggi murato, comprensivo di retrostante vestibolo, ornato posteriormente da una notevole corona di ferro battuto; un muro finestrato, già citato, prospiciente via Orsini.

Si contano tre accessi, due dei quali da via Fanti e uno dal sagrato della chiesa, attraverso il sopra citato portale, già ingresso principale del complesso fino alle distruzioni belliche.

     Progetti del passato.

Numerosi lodevoli progetti furono proposti per l’auspicabile recupero di questo maestoso, vasto e fondamentale tassello della storia e dell’architettura di Ancona.

Seppur diversi fra loro, la maggior parte puntava sostanzialmente al comune obiettivo della ricostituzione del complesso. Alcuni proponevano strutture volutamente moderne per rendere leggibili tramite contrasto quelle originarie, da integrare in fase di ricostruzione. Altri proponevano l’abbattimento dell’edificio scolastico postbellico per riguadagnare l’intero sedime.

L’unica proposta che si discosta dal predetto obiettivo è stata quella della trasformazione del complesso in un giardino all’inglese, certamente la meno dispendiosa ma che postulava comunque il consolidamento di tutto il compendio.

Più recentemente, nel 2016 il Comune di Ancona ha stipulato un protocollo di intesa con la Soprintendenza per la messa in sicurezza e valorizzazione del complesso. L’obiettivo era la possibilità di utilizzo del chiostro da sistemare a giardino; nel 2022 ha approvato una delibera per avviare la messa in sicurezza del complesso

LA PROPOSTA DEL CIRCOLO IL PUNGITOPO

Si sarebbe potuto, in tempi passati, obiettare all’asserita impossibilità finanziaria di cui sopra, denunciando uno scarso interesse reale da parte istituzionale. Oggi, d’altronde, tale scenario assume connotati sempre più realistici e definiti, con la nota, generalizzata e costante contrazione della disponibilità di finanze pubbliche, specie per quanto concerne le amministrazioni locali.

Se dalla cittadinanza si levano voci ancora troppo flebili ed isolate che reclamino la restituzione di questa porzione di Ancona negata, è, come già accennato, principalmente a causa dell’oblio in cui sta precipitando da quasi otto decenni questa ormai misconosciuta seppur estesa e nevralgica porzione di centro storico.

Senza un coro compatto e di consistenza adeguata, del resto, risulta arduo mettere in moto un meccanismo di stimolo nei confronti delle istituzioni affinché si impegnino a porre finalmente mano a questa vergognosa (in quanto ormai incancrenita oltre ogni limite temporale e di decenza) ferita sul volto della città, adoperandosi per intercettare fondi tramite canali necessariamente alternativi all’ordinaria dotazione finanziaria.

Ecco allora, ragionando in un’ottica di progressivi stralci, resa pressoché obbligata o quantomeno difficilmente evitabile dalla limitatezza delle risorse, che il primo fondamentale passo risulti essere costituito dal recupero di questo magnifico complesso edilizio e culturale nel c.d. immaginario collettivo.

Occorre riportare, in altre parole, i cittadini fisicamente dentro questo luogo affinché possano vederlo e riprendere coscienza, dopo quasi tre generazioni, della sua esistenza. Solo così potranno generarsi le virtuose istanze necessarie ad innescare un auspicabile processo di completo e pieno recupero – anche edilizio, s’intende – del monumento.

A questo specifico e ben definito obiettivo tende la presente proposta.

La proposta del Circolo nel dettaglio.

Un ripristino fattibile ed economicamente sostenibile della fruibilità deve necessariamente limitare qualsiasi tipo di intervento sui manufatti esistenti perciò va prevista la fruizione dei luoghi già sicuri, per quanto possibile distanti dai ruderi, nei quali siano minimi gli interventi da eseguire.

L’estensione del sedime dell’ex chiostro settentrionale appare idonea a consentire un passaggio. La restante area non risulta altrettanto immediatamente fruibile, a causa dei manufatti pericolanti che incombono sulla medesima e sulle sue vie d’accesso.

Per gli stessi motivi ed a maggior ragione, non è prevedibile neanche un utilizzo dei pochi ambienti ancora coperti.

Appare quindi obbligata la scelta di concentrare il lavoro progettuale sull’ex chiostro settentrionale, poc’anzi menzionato.

L’area presenta due accessi: uno attraverso la sontuosa cornice del già portone di ingresso al complesso, raggiunto da una rampa di scale esistente ed agibile sul sagrato della chiesa; l’altro attraverso il breve percorso a tornanti ricavato in discesa dal parcheggio di Via Fanti, confinante con il campetto parrocchiale.

Si prospetta quindi la possibilità di un compiuto transito, di gran lunga preferibile all’accessibilità a mo’ di cul de sac. Il passaggio consentirebbe infatti un innovativo percorso di collegamento tra due zone del centro storico, in attesa che sia completato quello in costruzione tra via Pizzecolli e via Birarelli, nonché una contestualizzazione ed una localizzazione del monumento nettamente migliori da parte dei cittadini.

Il pubblico andrà tenuto efficacemente distante dai ruderi non sicuri. Per questo motivo, appare necessario, innanzi tutto, dotare i tre punti di accesso (compreso quello da via Fanti, accanto alla scuola Tommaseo seppure, ai fini della presente proposta, non lo si intenda utilizzare) di solide barriere che impediscano inusitate intrusioni. Andrà quindi analogamente separata l’area fruibile da quella interdetta. Recinzioni cosiddette di cantiere, formate da adeguate staccionate e cancelli con costi contenuti ma allo stesso tempo sicuri, appaiono, in questa fase, i più adatti allo scopo.

L’accesso dovrà osservare, per semplicità ed efficienza organizzativa, gli stessi orari del vicino Parco del Cardeto. Una fruizione notturna sarebbe altresì auspicabile, purché presidiata, eventualmente prevedendo opportuni sistemi di illuminazione dei manufatti residui, che ne sottolineino la maestosità.

La vegetazione infestante (principalmente costituita dalla specie ailanthus altissima) sta contribuendo all’ulteriore ammaloramento dei ruderi e costituisce altresì un impedimento fisico e visivo alla fruizione dei medesimi e dell’area stessa. Andrà prevista quindi un’accurata eradicazione preventiva della specie, attraverso le consolidate tecniche che ne impediscano una pervicace proliferazione, evitando quindi, nel modo più assoluto, il semplice taglio.

Una volta effettuato tale intervento, auspicabilmente esteso a tutta l’area dell’ex Convento al fine di evitare una facile quanto rapida ricolonizzazione, la manutenzione ordinaria periodica del verde dell’area fruibile potrà essere effettuata con un limitatissimo dispendio da parte del Comune.

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